Un’altra sentenza della Corte di Cassazione che aiuta a chiarire un altro punto interessante per la sicurezza informatica, ovvero il ruolo dei siti di indicizzazione P2P nei reati di violazione del diritto d’autore. Questa volta grazie a Interlex. Dice che il contributo del sito di indicizzazione è essenziale alla perpetrazione del reato, e che non è un contributo “agnostico”. Pian piano si cominciano ad avere delle sentenze che chiariscono un po’ la situazione.
E sempre riguardo al “chiarire la situazione” , dato che ho sentito delle interpretazioni un po’ semplicistiche della sentenza relativa alla detenzione di programmi illecitamente copiati, la sentenza non dice assolutamente che è lecito installare programmi abusivamente copiati, anzi, sembra suggerire che il giudice di primo grado avrebbe potuto approfondire meglio questo aspetto. In effetti, si potrebbe dire (mio pensiero, non della Corte di Cassazione) che installare un programma senza licenza rientri nella fattispecie della copia abusiva, che la sentenza non indica assolutamente come attività lecita. È solo la detenzione, presumibilmente a seguito di un’installazione fatta da altri, che non è illecita. Sicuramente è questo il caso trattato dalla sentenza, e bisogna sempre ricordare che anche le sentenze della Cassazione si riferiscono sempre a casi specifici, e che l’estensione dell’interpretazione a situazioni “simili” può essere del tutto sbagliata (lo è in generale).
Update: per evitare di nuovo fraintendimenti, la sentenza dice che se c’è stato reato, il sito di indicizzazione contribuisce. Non dice, mi pare, che un sito di indicizzazione commetta un reato per il solo fatto di indicizzare (ovvero, aggiungo io: il reato da parte del sito di indicizzazione c’è se effettivamente è stato provato lo scambio di materiale in violazione della norma, ma su questo la sentenza non si è espressa).