Da un articolo di Punto Informatico: anche Oracle avrà la sua soluzione di virtualizzazione. Si tratta di un’ottima notizia. I DBMS sono critici dal punto di vista della sicurezza, dato che è lì che si concentrano i dati. Tuttavia, spesso in azienda è disponibile un unico DBMS, per questioni di costi (es. licenze) e di gestione. Questo vuole dire che contesti e applicazioni con criticità diverse accedono allo stesso DBMS, e quindi in presenza di vulnerabilità di quest’ultimo è possibile che da ambienti meno controllati si riesca ad accedere a dati che, secondo una sana logica di segregazione, dovrebbero essere in un ambiente separato.
Infine, da notare che “per funzionare non necessita di alcun sistema operativo host: grazie ad un kernel Linux integrato, infatti, il software è in grado di girare direttamente sull’hardware di un server x86 a 32 o 64 bit e di eseguire, all’interno di una macchina virtuale, varie versioni di Oracle Linux, Red Hat Linux e di Windows: per far girare quest’ultimo il software necessita di un processore che supporti la virtualizzazione in hardware“. Questo è il futuro prossimo (e il passato remoto) della virtualizzazione, ovvero in sostanza un sistema “host” che serve solo per l’hypervisor, e non la macchina virtuale come “applicazione” all’interno di un sistema general purpose.
Infine, nella FAQ la politica di licencing chiarisce che le licenze continuano ad essere per processori fisici, e che un processore multicore (” A monolithic integrated circuit with multiple cores or hyperthreading“) conta come un unico processore. Una politica che permette di sfruttare al massimo le potenzialità della virtualizzazione e che è ben lontana da altre politiche che addirittura stabiliscono quali versioni si possono virtualizzare e quali no 😉
infine, la FAQ precisa anche che “with Oracle’s offer of comprehensive indemnification against infringement, users can deploy
Oracle VM with confidence“. La minaccia di azioni legali contro gli utenti Linux per problemi di brevetti software è disinnescata.