Phrack: un pezzo di storia che ritorna?

Lo so, noi informatici abbiamo i tempi stretti: dopo due mesi di attività in un settore siamo esperti, dopo due anni senior; una novità è tale per un paio di settimane perché dopo un anno è già obsoleta. Eppure, anche secondo misure più tradizionali, vent’anni cominciano ad essere un periodo di tempo rispettabile, seppure magari non storico. Phrack nasce nel 1985. Non mi sbilancio sul come e perché della sua nascita, nel 1985 stavo per fare la mia conoscenza con Internet e i miei interessi erano assai diversi da quelli degli autori di Phrack. Questa e-zine nasce infatti prima di tutto come rivista di phreaking e, marginalmente, di carding, e viene distribuita attraverso BBS, temi e contesti che ho frequentato assai poco. Tuttavia, nel corso degli anni sempre più articoli riguardano i sistemi distribuiti utilizzati per Internet, e così, verso l’inizio egli anni ’90, ho cominciato a leggerla anch’io. A differenza di altre pubblicazioni simili, Phrack ha spesso avuto articoli che dicevano effettivamente qualcosa di nuovo: non chiacchiere o codice su temi ritriti, non “rants” su ipotetici attacchi sulla cui applicabilità l’autore non ha evidentemente la minima idea, ma articoli completi e che spesso dicevano realmente qualcosa di nuovo, o che fornivano comunque informazioni in modo completo o da una prospettiva diversa. Per chi si occupava degli aspetti tecnologici della sicurezza di Internet negli anni ’90, da qualunque parte fosse della barricata (o anche a cavallo), l’uscita di un nuovo numero di Phrack è stato senz’altro sempre un evento interessante. Alcuni articoli sono rimasti nella storia (di nuovo) della sicurezza di Internet, forse il più famoso è “Smashing the stack for fun and profit“, che ha raccolto in modo fruibile le tecniche allora (poco) note per sfruttare gli stack overflow. Anche alcuni dei nomi che rivedo sfogliando i vecchi numeri sul sito erano più che noti (anche se non sempre per la qualità dei loro articoli) anche a chi, come me, non ha mai realmente frequentato l’ambiente da cui provenivano: a parte Aleph One o The Mentor, ricordo ad esempio daemon9, Lex Luthor e altri. Insomma, sfogliare i vecchi numeri fa un po’ l’effetto di sfogliare un album di vecchie foto.

Verso il 2000 hanno cominciato a diminuire sia la frequenza che la qualità dei numeri, fino a quando un paio di anni fa è stata annunciata la cessazione della pubblicazione. In questi giorni però la pubblicazione è ripresa, con un nuovo gruppo a curarne i contenuti. Contenuti che, ad una prima occhiata, non sembrano male, anche se in alcuni articoli e link c’è un tono politico che non mi pare di ricordare, e che mi stona un po’. La vera domanda è: valeva la pena di ricominciare a pubblicare Phrack, e vale la pena di leggerlo? In realtà non sono io che dovrei rispondere, perché non sono certo il destinatario di questa e-zine, e mi avvio quindi su una strada certamente scivolosa. Sullo “spirito hacker” più volte richiamato quindi non mi pronuncio, mi limito ad osservare che in vent’anni cambiano molte cose, e sicureamente è cambiata Internet. Alcuni degli articoli sembrano interessanti, altri sono proprio il tipo di articoli che non mi piace, tipo i “piccoli trucchi per nascondere le tracce”: poco contenuto tecnico, e nel difficile equilibrio fra l’informazione di utilità generale e quella che serve solo per attività illecite, mi sembra che penda parecchio verso la seconda. Ma come ho già detto, non sono certo il lettore tipo. Comunque sia, mi sembra che nel complesso sia ancora, o meglio di nuovo, una e-zine che vale la pena di leggere. Ma naturalmente, il primo numero è quello facile 😉

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