Connettività: siamo indietro di un secolo (e non lo sappiamo)

Ho appena finito di dire che uso un provider più caro per avere garanzie di disponibilità, ed ecco che mi trovo da tre giorni senza ADSL. Per fortuna ho il backup ISDN e quindi anche la telefonia non IP (e io che pensavo di cambiare…). Lavoro con un ventesimo della banda abituale, ma in qualche modo lavoro. Il provider dice che è colpa di Telecom (la tratta ATM) e diciamo che gli credo, anche perché in realtà al momento non mi interessano le colpe. Mi interessa invece il concetto che un’area geografica possa rimanere “isolata” per tre giorni, e da quanto mi dicono saranno di più: se il problema è sull’ATM, allora un bel pacco di utenti di Pisa è isolato quanto me. Se ci riportiamo alla telefonia tradizionale, per trovare una situazione simile, con la frequenza con cui questi guasti accadono, credo che si debba tornare indietro nel tempo di parecchio. Naturalmente si può obiettare che sono solo i clienti di un provider ad essere isolati, ma dato che questo tipo di rapporto fra carrier e isp è connaturato nel modo in cui viene offerta la connettività adesso, da un punto di vista di servizio la cosa mi sembra irrilevante. Quello che succede è che nel modo in cui è offerta la connettività all’utente medio, è normale che un gruppo di utenti rimanga isolato per parecchi giorni.

Mi viene quindi da pensare a tutte le solite discussioni che sento su come aumentare la banda, sulla fibra a casa eccetera, e sinceramente mi viene abbastanza da ridere. Perché tutti i servizi seri che servirebbero per trasformare Internet in una vera infrastruttura di supporto al Paese, compresa la videoconferenza, passerebbero tranquillamente sulla mia banda attuale di 1 Mbps su rame; l’aumento di banda serve principalmente per l’intrattenimento, che francamente (non me ne voglia chi ci guadagna) considererei un problema secondario. Il problema è che se devo basare su questa connettività il mio rapporto con la banca, con le pubbliche amministrazioni o con i miei clienti, non mi posso premettere di restare isolato per tre giorni. Mi chiedo allora: è accettabile che i tempi di risoluzione dei guasti di un’infrastruttura critica si misurino in giorni anziché secondi? E non è una questione di pubblico/privato, di contratti o simili: accetteremmo che un quartiere di una città resti senza corrente o senza gas per tre o quattro giorni, come se fosse tutto normale? A prescindere dal fornitore.

Poi mi viene da pensare alle wireless mesh network di cui altrettanto si parla in questi giorni. Certo, potenzialmente offrono una robustezza molto alta, avendo molti path alternativi. Poi mi viene in mente il mio amico Stefano Suin che non manca mai di farmi notare l’importanza della diagnostica. Allora mi rivengono in mente i primordi di Internet, quando per capire come mai un pacchetto non arrivava a destinazione i singoli sistemisti confrontavano i risultati dei traceroute con la loro conoscenza della mappa di Internet, e all’utilizzo del source routing… decisamente anche questa non mi sembra una situazione da infrastruttura critica. Allora decidiamoci: se Internet deve diventare un’infrastruttura critica, allora è il caso di curare prima di tutto l’affidabilità. Se l’attenzione è alla banda, allora la scelta è che Internet serve come canale alternativo di intrattenimento. Basta capirsi.

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