Si è parlato molto della notizia secondo la quale in alcune città dell’Olanda sarebbe in corso una sperimentazione con videocamere per la sorveglianza dotate di microfono. I microfoni servono per mandare ad un software specializzato le voci dei passanti, per riconoscere il tono alterato dall’aggressività e poter quindi intervenire nel caso stiano per iniziare risse o aggressioni. L’immagine che si presenta spontanea è quella del solito Grande Fratello e dei rischi alla privacy. È un problema che si presenterà sempre più spesso: se vogliamo trarre vantaggio dalle tecnologie dell’informazione… beh, prima di tutto bisogna essere disponibili a fornire loro le informazioni. Bisogna quindi passare dall’idea di “non dare informazioni” a quella di “avere garanzie su come sono utilizzate”, o rinunciare alla tecnologia se il rischio è eccessivo. Prevedo tempi impegnativi per i garanti. Tuttavia, “avere garanzie su come sono utilizzate le informazioni” deve diventare una cosa seria. Non può essere un funzionario a rassicurare dicendo “stiamo facendo bene” (e a questo punto non sto più parlando dell’Olanda e dei suoi microfoni). Il cittadino deve avere la garanzia di audit di terza parte e di trasparenza anche, e soprattutto, nell’opera delle Pubbliche Amministrazioni. Proprio dove la privacy del cittadino è maggiormente a rischio, le Pubbliche Amministrazioni devono essere disposte a fornire le necessarie garanzie che proprio le Amministrazioni stesse, o i loro funzionari, non abusino delle informazioni a cui hanno accesso, perché queste garanzie sono alla base della libertà di espressione, e quindi di una democrazia sana. Per tornare alla sperimentazione olandese, il sistema è accettabile se i dati raccolti dai microfoni vanno direttamente all’applicazione che “evidenzia” la lite; se invece c’è la possibilità di utilizzarli per ascoltare quello che viene detto per la strada, magari attraverso una funzione di gestione, e quindi con meno controlli, è chiaro che la cosa si presta troppo ad abusi. Questa preoccupazione non può essere liquidata come “paranoia” o come accusa di scorrettezza nei confronti degli operatori: credo che chiunque di noi, immaginandosi gli operatori con la possibilità di ascoltare quello che viene detto per la strada, possa altrettanto facilmente immaginarsene qualcuno che non resiste alla tentazione di sentire cosa si stanno dicendo due consiglieri comunali, o magari di cosa sta parlando suo cognato con un geometra del Comune. Fingere che questa possibilità non esista, questo sì, sarebbe un atteggiamento sbagliato nei confronti della tecnologia.
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Qui sopra il lago di Soraga, Val di Fassa (Trentino, Italia)
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Secondo quanto riportato da un articolo di Punto Informatico
http://punto-informatico.it/p.aspx?id=1782629
“Non si può premere un pulsante per sentire cosa sta dicendo la gente – garantisce – e anche se si potesse, i microfoni sono piazzati a 3 o 4 metri di altezza dalla strada, così le parole non possono essere ascoltate”
Naturalmente un microfono a tre metri di distanza può, in generale, permettere di ascoltare le parole; dipende dal microfono e da come è utilizzato. Questi sistemi dovrebbero essere soggetti a audit di terze parti (realmente terze). Non sto dicendo che il sistema olandese non sia soggetto ad audit, ma sarebbe anche bene che le eventuali risultanze fossero anche pubbliche.